Di Tavola In TavolaGalleriaprimi piattisecondi piatti

Alla tavola domenicale del cavaliere in quarantena: cecatielli e coda vaccinara

Tempo di quarantena. Tutti in casa ad impiegare il tempo in attività, ahimè, costruttive. Dal punto di vista fisico. Anche il caro Ernesto, cavaliere per antomasia e di fatto,non si sottrae a questo impegno culinario. Ed allora si piazza in cucina di buon mattino ed avvia la sua giornata gastronomica che conclude a tavola, alle 13.30 improrogabilmente sente fame, dove si gusta ciò per cui ha penato pigiama e camicia, lasciando stoviglie e pentole sporche alla metà.

Ecco allora cosa ci propone in questa IV domenica di Quaresima: Cecatielli e Coda alla vaccinara. In questo disfacimento del gusto globalizzato, il cavalier Pisano arride alle prelibatezze regionali portando sulla sua parca tavola salernitana un primo piatto d’origine molisana, i cicatielli, ed un secondo piatto, coda alla vaccinara, tipico della cucina romana. Un tripudio della cucina casalinga frutto di uno squisito amalgama di saperi della cultura regionale e di sapori di ingredienti a specificità locale.

clicca sull’immagine per i cecatielli preparati dal cavaliere

Cavatelli, tipo di pasta realizzata a mano con semola di grano duro, hanno origine in Molise ma presenti in tutto il meridione d’Italia con nomi diversi (cavatielli, cica,tielli cecaruccoli, crusicchi, capunti). In un antico documento risalente al regno di Federico II di Svevia si definiscono i cavatelli come impasti oblunghi e rotondi, calcati con un dito per avere una forma incavata.

È relativamente facile realizzare cavatelli a mano, soprattutto con la dovuta pratica. Scopriamo in questo video come il nostro ci riesce con magnetici movimenti delle sue blasonate mani, partendo dall’impasto di farina e acqua.

Ovviamente i Cecatielli sono stati gustati e serviti col ragù.

 

E mo’ passiamo alla proposta del secondo piatto: la coda alla vacinara.

Un tempo, non tanto antico, il cavaliere ha girovagato tra le vie di Roma e le osterie di Trastevere. No come turista o nullafacente. Bensì per lavoro. Difatti nella città eterna ha dimorato per un pò di anni, assorbendo, di conseguenza, usi e costumi romani, soprattutto culinari. Della tradizione gastronomica casereccia capitolina ha fatte sue alcune pietanze tipiche, tra cui la rinomata coda alla vaccinara, un piatto povero nato all’inizio del Novecento a nobilitare una delle parti più pregiate tra gli scarti del bovino. La coda, insieme a fegato, trippa, lingua, rognone ed animelle era considerato di poco pregio, perciò scartate dai nobili dell’antica Roma che si accaparravano le parti migliori dell’animale, costituite dai due quarti anteriori e due posteriori. Col tempo, però, gli scarti hanno acquisito una dignità gastronomica diventando anche loro un “quarto”, il quinto appunto. Nel quinto/quarto la coda è divenuta la regina degli scarti. Tanto che a tavola può essere condimento saporito per un piatto di pasta oppure un succulento secondo piatto.  Sebbene ogni trattoria romana ha la sua differente ricetta, le versioni accreditate sono solo due, come precisa il cavaliere.  Una prevede una lessatura della coda prima della cottura vera e propria in pentola con odori e pomodori, ed un’altra si arricchisce di una salsa a base di pinoli, uva passa e un po’ di cacao amaro.

Il Nostro, però, ha preparato la coda vaccinara con la ricetta originale: soffrigere prima in un battuto di lardo i pezzi della coda, poi aggiungere un po’ di cipolla, sedano e carota. Quindi versare il pomodoro e fare cuocere per almeno 2 ore a fiamma molto bassa, adda pappulià ammonisce Ernesto.

Buon appettito. Ma quale vino si accompagna meglio al tuo pranzo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *