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Il Rafano, piccantina radice delle crucifere ricca di proprietà benefiche

Il rafano, radice dal sapore piccante, è un antibiotico naturale, ha proprietà antiossidanti e svolge un’azione antinfiammatoria e analgesica. È conosciuto come barbaforte, cren, rafano di Spagna oppure rafano orientale. Di questa pianta rizomatosa si consuma la grossa radice bianca, a forma cilindrica e dal sapore forte e deciso, per preparare salse perfette oppure grattugiato direttamente sugli alimenti.

Proprietà e caratteristiche nutrizionali
La pianta del rafano, appartenente alla famiglia delle crucifere, alta fino a 80 cm, presenta foglie oblunghe a margine seghettato e fiori formati da 4 petali bianchi e riuniti in piccoli racemi.
Dal punto di vista dei valori nutrizionali, per ogni 100 g di rafano l’apporto calorico è di circa 14 kcal è data da:
– 95,3 g d’acqua
– 2,6 g di carboidrati
– 1,1 g di proteine
– 0,1 g di grassi
– 1,4 g di fibra.
I minerali posseduti dal rafano sono sodio, calcio, fosforo, potassio e ferro, nonché la vitamina C.

Il rafano svolge un’azione antibatterica e antibiotica, grazie alla presenza di glicoli dell’olio di senape come la sinigrina che, unitamente agli oli essenziali presenti, sono responsabili del tipico sapore intenso e pungente del rafano.
È utile in caso di inappetenza e aiuta la digestione, favorendo la produzione di bile e succhi gastrici. Ha un rilevante potere antinfiammatorio. In caso di raffreddore, tosse e bronchite, è molto utile come espettorante e purificante delle vie respiratorie. E’ un ottimo analgesico, utile in caso di dolori di vario genere, specie quelli di origine muscolare e reumatismi.  Con la vitamina C  questo alimento contribuisce al rafforzamento delle difese immunitarie.
Il rafano ha proprietà depurative poiché è in grado di stimolare la diuresi e contrastare la ritenzione idrica. Ha effetti  benefici anche sull’apparato cardiovascolare: la sinigrina regola la pressione arteriosa ed il potassio potenzia la circolazione sanguigna. E’ un potente antiossidante in grado di contrastare l’azione dei radicali liberi, e aiuta il processo di detossificazione epatica.
Come tutti gli alimenti piccanti,il rafano è in grado di accelerare il metabolismo, bruciando i grassi e svolgendo un effetto dimagrante. È inoltre un alimento ipocalorico, dal buon contenuto di fibre le quali, oltre a favorire la funzionalità intestinale, favoriscono anche il senso di sazietà. Infine, il calcio e il fosforo presenti contribuiscono alla salute di ossa e denti.

Controindicazioni
Il rafano consumato in eccesso può irritare le mucose gastriche. E’ controindicato nei soggetti che soffrono di ulcera, problemi renali, gastrite, gastroenterocolite, malattie delle vie urinarie, gravidanza, allattamento.
La radice di rafano va maneggiata con attenzione in quanto, a causa del suo aroma molto intenso, può provocare lacrimazione e, in alcuni soggetti, potrebbe causare irritazione, congiuntivite o cefalea.

In cucina
La radice del rafano, dal sapore piccante, si consuma fresca oppure conservata sotto aceto o in agrodolce. Viene raccolta dopo il secondo anno di coltivazione e deve essere subito utilizzata perché perde rapidamente freschezza e turgore. “Deve essere soda al tatto, con buccia tesa e di colore brillante, senza ammaccature o parti molli e rovinate.”
È possibile conservare la radice in aceto di vino bianco oppure surgerarla grattugiata. Il rafano può essere grattugiato fresco oppure impiegato nella preparazione di una salsa piccante, la salsa cren, che si conserva in frigorifero. In entrambi i casi presta molto bene ad accompagnare bolliti, carni arrosto o affettati.

 

Un pò di storia del rafano da un testo di Federico Valicenti,
Chef, consulente enogastronomico, autore di numerose pubblicazioni sulla gastronomia lucana.

“Il ravanello vale il suo peso in piombo, le barbabietole il suo peso in argento, il rafano il suo peso in oro.”  A tanto ammontava  il valore dato al rafano dagli Dei.
Questa è  la leggenda, questo era il valore  del rafano scritto dall’oracolo di Delfi ad Apollo. L’oracolo di Delfi, chiamato “ombelico del mondo” era il più importante oracolo dell’antica Grecia  attribuito a Apollo, dio che si propone come il principale tramite tra l’onnisciente Zeus e gli uomini. La storia di questa pianta è intricata e misteriosa, ma con una sola certezza, il rafano è stato premiato per le sue qualità medicinali e gastronomiche per secoli. Partito dal Mediterraneo si è subito diffuso in tutta Europa andando ad irrobustire le pietanze nordiche. Durante il Rinascimento, la diffusione del consumo di rafano dall’Europa centrale si estende  verso il nord in Scandinavia e verso ovest in Inghilterra. E’ stato l’accompagnamento standard per le carni bovine e ostriche fra gli inglesi , con la radice pungente preparavano sciroppi che servivano nelle locande e nelle stazioni degli autobus per rilanciare i viaggiatori esausti. Ritorna al Sud diventando un emigrante all’incontrario, cosi mi piace definire questa radice portata, probabilmente, in Basilicata dai bonificatori veneti nei secoli scorsi. Ha contaminato una parte della cucina lucana rendendola ancora più piccante, quasi a sostituire il peperoncino estivo, pietanze robuste soprattutto d’inverno.  Carnevale o mese di febbraio non importa. L’unica cosa certa è che il sapore forte del rafano grattugiato permea di acre profumo le pietanze di molte tavole lucane. Sagre e polpette al rafano si susseguono, si moltiplicano, rivendicando paternità e originalità tipica dei campanili. La radice del rafano è usata esclusivamente cruda e si sente quell’odore pungente e piccante che porta in casa l’aria della terra fredda degli inverni lucani. Si grattugia al momento,  sulla pasta, unendo il rafano alle uova per la preparazione delle frittate oppure mescolandolo al pane e patate per preparare ottime polpette. Se invece si desidera conservarlo nel lungo periodo e, quindi, da servire in occasioni particolari bisogna usare un metodo che una carissima signora mi ha raccontato durante un pranzo nel mio ristorante: dopo aver raccolto, spazzolato dalla terra e lavato si poggia la radice del rafano in un posto umido e caldo per una settimana quindi grattugiata, anticamente con la “ grattacaso” grattugia da formaggio, oggi lo si può fare anche con la grattugia elettrica ma perde molto del profumo inebriante e pungente che la radice possiede. Una volta grattugiata si versa in un contenitore ricoprendolo di ottimo aceto di vino, chiuso ermeticamente e posto in frigo per una quindicina di giorni.  Dopo i quindici giorni si scola dall’aceto e si versa il composto in piccoli vasi ricoperti di olio extravergine d’oliva. Poi, la signora, faceva il sottovuoto a bagno maria così non serviva conservarlo in frigo. Cosi mentre noi definivamo il rafano “tartufo dei poveri”, tanto per cambiare, altri si ingegnavano a farlo diventare completamento di salse e condimenti. Un classico condimento a base di rafano è il Wasabi della cucina giapponese, spesso servito con il sushi o sashimi, di solito accompagnato con salsa di soia. Quante storie, quante tradizioni, a quanti popoli ci accomuna una semplice radice: il rafano.

Alcune ricette con rafano

Strascinati al sugo di capretto e rafano
Ingredienti
400 gr di orecchiette, 800 g di capretto, 20 gr di radice di rafano, 20 gr di formaggio pecorino, 1 spicchio di cipolla, 1 lt di salsa di pomodoro, 1 foglia di alloro, Sale
Procedimento
In una larga padella rosolare i pezzi del capretto con lo spicchio d’aglio e la foglia di alloro.
Quando la carne è ben rosolata aggiungere un cucchiaio di rafano,  aggiustare di sale e versare la salsa di pomodoro. Far cuocere allungando con qualche mestolo d’acqua.
Cuocere la pasta in abbondante acqua salata. Scolare la pasta mettendo da parte qualche cucchiaio di acqua di cottura.
In una capiente casseruola amalgamare la pasta con l’acqua di cottura, il rafano grattugiato e il pecorino, quindi una bella cascata di sugo caldo  a condire il tutto.

Orecchiette con rafano e cime di  rape

Ingredienti
400 gr di orecchiette, 500 gr di cime di rapa, 4 cucchiai di olio, 6 filetti di acciuga dissalati, 30 gr di radice di rafano, 1 spicchio d’aglio, 30 gr di pecorino grattugiato
Procedimento
Lavare e mondare le cime di rape, lessare in acqua salata cercando di tenere la cottura al dente.
In una padella larga versare l’olio e lo spicchio d’aglio, quando  e ben rosolato toglierlo e aggiungere i filetti di acciuga e i 30 gr di rafano grattugiato, mescolare con un cucchiaio di legno . a doratura aggiungere le cime di rape tagliuzzate a piacere e lasciare insaporire per qualche minuto. In una grossa pentola di acqua salata cuocere le orecchiette. A cottura scolare le orecchiette tenendo un poco di acqua di cottura e aggiungere alle rape in padella, rimescolare bene a fuoco alto per qualche altro minuto, aggiungere il pecorino e un filo d’olio crudo prima di servire.

Tortini di rafano e patate
Ingredienti
4 uova, 4 cucchiai di parmigiano grattugiato, 2 grosse patate, 3 cucchiaini di rafano in polvere, sale, olio e prezzemolo
Procedimento
Sbucciate le patate e grattugiatele grossolanamente.
Saltate le patate in un tegame con poco olio e sale avendo cura di mescolarle continuamente
Una volta pronte, 6/8 minuti scarsi  toglietele dal fuoco e lasciatele intiepidire.
Sbattete le uova con il parmigiano, il prezzemolo tritato e un pizzico di sale.
Quindi aggiungete le patate e il rafano e mescolate bene.
Usate degli stampini in alluminio,dovete imburrarli bene prima di versare il composto dividendolo equamente in ognuno.
Infornate a 220°C per 10 minuti e servite, caldo o freddo.

COLTIVARE IL RAFANO

Il rafano o cren è una verdura molto conosciuta nel Nord Europa. Ma diffusa anche in Basilicata. Si tratta di una coltivazione semplicissima e adatta agli orti famigliari. La pianta è perenne, è stretto parente dei cavoli (appartiene alla famiglia delle brassicacee o crucifere), ricorda un po’ il rapanello.
Oltre a essere un ortaggio dal sapore decisamente interessante da introdurre in cucina la pianta del rafano ha almeno cinque ottimi vantaggi:
– Il rafano è una pianta perenne. Questo significa che non occorre riseminarla ogni anno.
– E’ ornamentale. Se volete un orto giardino potete considerare di inserire qualche piantina di cren: le foglie verde smeraldo e i fiorellini bianchi raggruppati in pennacchi non sfigureranno.
– La coltivazione è molto semplice. Una volta piantato nel punto giusto fa tutto da solo, basta trovargli un angolo di orto non troppo soleggiato e ben drenante.
– Migliora il terreno e aiuta l’orto sinergico nella difesa naturale dai parassiti. Le radici del rafano scacciano i nematodi e diminuiscono i batteri (azione bio fumigante).
– Non chiede un posto al sole. Il rafano si adatta a climi freschi e a coltivazione in mezzombra, può quindi sfruttare questi spazi, che generalmente sono meno produttivi per la maggior parte degli ortaggi.

Terreno, esposizione e clima
Clima. Il rafano è una pianta che non ama particolarmente il caldo e la siccità. Per questo è perfetto da coltivare negli orti di montagna e comunque nell’Italia settentrionale, se volete coltivarlo in zone calde meglio trovargli un posto un po’ ombreggiato e ricordarsi di innaffiarlo regolarmente.
Terreno. Dal punto di vista del terreno essendo un ortaggio da radice occorre che trovi un suolo non compatto, in modo da potersi espandere sotto terra, e ben drenante, in modo da evitare marciumi radicali. Ama la presenza di materia organica ed è favorito nei suoli fertili, che seccano meno. Prima di coltivarlo si consiglia quindi una lavorazione profonda di vanga, incorporando compost, humus oppure letame maturo in buona quantità.

La semina del cren
Semina per talea. La semina del rafano assomiglia a quella delle patate: si interrano pezzi di radice a una decina di centimetri di profondità. Il periodo più indicato per piantarlo nell’orto è la primavera, di solito si pianta tra marzo e aprile.
Moltiplicare le piante. Si può dividere i cespi di rafano togliendo una pianta, dividendola spaccando in pezzi il rizoma (apparato radicale) e ripiantandola. Questo consente di aumentare la produzione del rafano, si consiglia di fare questa operazione a inizio primavera oppure in autunno.
Le sementi non sono di cren. Non è possibile coltivare il rafano partendo dai semi, perché il rafano rusticano non ne produce. Tuttavia in commercio si trovano svariate sementi di presunto “rafano”. Queste sementi sono di raphanus sativus (remolaccio), non di rafano rusticano (cren). Si tratta sempre di un ottimo ortaggio, molto interessante da coltivare, ma non è quello citato in questo articolo.
Sementi da sovescio. Semi di “rafano” sono anche inseriti sovente nelle miscele da sovescio, si tratta sempre di raphanus sativus, pianta utile contro i nematodi.

I lavori da fare nell’orto
Diserbi. Il rafano è un ortaggio poco esigente in termini di tempo. Si difende bene dalle erbacce, essendo una pianta rigogliosa, per cui è agile tenere sotto controllo le infestanti. Ci si può aiutare con la pacciamatura.
Zappettature. Una periodica zappettatura aiuta il suolo a non compattarsi e favorisce l’ingrossare della radice di rafano. Si può passare anche con il frangizolle sarchiatore.
Irrigazione. Per un buon risultato di raccolta è molto importante che il terreno non secchi mai, per cui in particolare dove il clima è più caldo si raccomanda di bagnare spesso questa pianta. Non occorrono grandi quantità di acqua ma è fondamentale che si mantenga umida la terra, altrimenti la radice sarà fibrosa. La pacciamatura può aiutare anche a mantenere più a lungo l’umido del suolo, altra ragione per cui può essere utile.
Difesa. Il rafano non teme molto gli attacchi di parassiti, di conseguenza non occorre fare trattamenti particolari, si tratta di una pianta semplice da tenere in regime di agricoltura biologica. Un possibile nemico sono le altiche, classico parassita dei cavoli.

Come raccogliere il rafano
Il rafano si raccoglie quando la radice raggiunge una buona dimensione, in genere il secondo o il terzo anno di coltivazione. Il periodo di raccolta è quello autunnale, e continua poi per tutto l’inverno. Il colore della radice che sì raccoglie dipende dalla varietà, come anche le dimensioni e la forma (ci sono rafani più tondi tipo rapa e altri dalla radice allungata). Occorre lasciar sempre qualche radice nel terreno e interrare ogni anno dei pezzi di radice, in questo modo si perpetua la coltivazione e si mantiene una produzione.

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