Festa del papàSaperi e Sapori

Zeppola di San Giuseppe: storia e curiosità

Le zeppole sono un dolce tipico dell’Italia meridionale la cui origine risale all’antica Roma dove erano semplici frittelle, non farcite, fatte con un impasto di farina acqua e sale, spolverato con cannella o con zucchero. A Napoli, fino a qualche decennio addietro, il 19 marzo venivano preparate all’istante le tradizionali zeppole  per i passanti, a devozione di San Giuseppe che, secondo leggenda napoletana, oltre al mestiere di falegname pare abbia fatto anche il friggitore. La zeppola di San Giuseppe, quella ripiena con crema pasticcera ed adornata in superficie con amarena sciroppata, è nata nel diciottesimo secolo come dolce conventuale. La manifattura è di incerta attribuzione, dal convento di San Gregorio Armeno a quello di Santa Patrizia, dalle monache della Croce di Lucca a quelle dello Splendore.

Sulla origine della zeppola vi sono svariate ipotesi storiche.

Una ipotesi cattolica sostiene che le zeppole sono assurte a simbolo tipico della festa del papà in onore del padre putativo di Gesù, San Giuseppe, perché quando era Egitto, dove era fuggito con Maria e Gesù, vendeva frittelle per sostenere la famiglia.
Altra ipotesi religiosa è che la ricorrenza del patrono dei falegnami e degli artigiani si festeggiava con copiose vendite di giocattoli di legno che i genitori regalavano ai propri bambini. Quando nel 1968  il giorno di San Giuseppe diventò anche Festa del Papà, si invertorno le parti:  i figli cominciarono a fare regali ai genitori.

Dal 500 a.C. proviene un’altra tesi. Nell’antica Roma di quel tempo si celebravano, il 17 marzo,  le Liberalia, feste delle divinità dispensatrici del vino e del grano. In onore di Sileno, compagno di bagordi e precettore di Bacco, si bevevano fiumi di vino addizionato di miele e spezie  e si friggevano nello strutto bollente  profumate frittelle di frumento. Con l’avvento della cristianità le frittelle del 17 marzo sono state trasportate di un paio di giorni e da simbolo di paganesimo sono diventate simbolo di devozione al santo del giorno 19 marzo, San Giuseppe.

La ricetta napoletana delle zeppole di San Giuseppe, riportata nello storico trattato “La Cucina Teorico Pratica”, del 1837, di Ippolito Cavalcanti, pare sia opera di un tal Pintauro (1815 ca) che fu anche l’ideatore della sfogliatella. Costui, rivisitando le antichissime frittelle romane di semplice  fior di frumento, ed ispirandosi ai consigli del Cavalcanti,  diede vita alle attuali zeppole  arricchendo l’impasto di uova, strutto ed aromi vari e  procedendo poi ad una doppia frittura prima in olio e poi nello strutto fuso e  bollente. La tipica  forma a ciambella della zeppola rammenta la forma di un serpentello (serpula) quando si attorciglia su se stesso, da ciò deriverebbe il nome di zeppola.  

La zeppola napoletana ha come ingredienti di base farina, zucchero, uova, burro, olio d’oliva, crema pasticcera, zucchero a velo e amarene sciroppate per la decorazione. Nelle altre regioni italiane la ricetta ha diverse varianti che ne decretano preparazioni diverse.

La tipica zeppola pugliese, ad esempio, è fritta nello strutto proprio come antica ricetta vorrebbe; quella itrana (provincia di Latina) prevede una copertura anche a base di miele al posto dello zucchero; la siciliana ha una forma cilindrica e vede tra gli ingredienti anche riso, miele d’arancio e cannella; la zeppola reggina (di Reggio Calabria), invece, è detta zippula ca’ ricotta, e somiglia più a un bignè preparato con farina, zucchero, uova, vanillina e strutto e farcito con ricotta, zucchero, cannella e limone grattugiato; le zeppole molisane e cosentine assomigliano molto a quelle napoletane, mentre quelle teramane (di Teramo), che si ritrovano anche dal Gran Sasso fino alla zona costiera, sono ancora una volta dei bignè, ma questa volta più grandi, farciti con crema pasticciera bianca con l’aggiunta di un’amarena.

Curiosità: la voce zeppola, indica oltre che una tipica ciambella dolce anche una frittella rustica (‘a zeppulella) ed estensivamente un particolare difetto di pronuncia, una sorta di balbuzie che impedisce di esprimersi correttamente e chiaramente (dire tené’a zeppula’mmocca equivale ad indicare chi parla mentre mastica un pezzo di quella frittella dolce o rustica.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *