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Il picnic atto di socialità

La parola picnic deriva dal francese arcaico “piquenique” (“pique”, prendere, rubacchiare  e “nique”, roba di poco conto) e definisce il pasto consumato all’aperto durante una passeggiata, al quale ogni convitato contribuisce mettendo a disposizione cibi e bevande. La parola, venuta in uso circa alla fine del ‘600, inizialmente si riferiva soltanto alla frugalità, ad una mangiata composta di pochi e semplici cibi, forse sottratti direttamente in cucina, e consumati al di fuori del rito del pasto fatto attorno ad una tavola riccamente imbandita. Il picnic si faceva in comitiva perché ciascuno dei partecipanti vi contribuiva portando qualcosa. Solitamente nel picnic erano privilegiati i piatti freddi, precedentemente preparati con salumi, formaggi, uova, insalate.
Fra il vero picnic e il mangiare a tavola all’aperto vi è una fondamentale differenza: infatti la seconda ipotesi prima del ‘600 era una consuetudine, derivata dalla mancanza di una stanza destinata in modo univoco alla consumazione dei pasti, oltre che dal piacere di mangiare in un luogo fresco immerso nel verde.
Il vero picnic nacque come stile di pasto legato alla caccia, come svago aristocratico. I ricchi possidenti dell’Europa medievale, prima di iniziare la caccia erano soliti organizzare spuntini all’aria aperta. Il francese Gaston de Foix descrive un evento del genere in un testo del 1387 dove gli ospiti mangiavano una grande quantità di pasticcini, prosciutti e carni al forno innaffiate da litri di bevande.  Durante la giornata di sport era comune, di tanto in tanto, offrirsi una pausa bevendo e consumando qualche rinfresco, spesso su una tovaglia direttamente appoggiata sul terreno.  Tale costume permetteva un contatto diretto con la natura, consentendo anche a gentiluomini e gentildonne una maggiore libertà rispetto alla tavola, ove l’etichetta imponeva nel contegno rigide costrizioni formali.

Alla metà del ‘700 i picnic erano riservati ai ricchi, ma con la caduta della monarchia (Rivoluzione francese 1789), quando i parchi reali vennero aperti al pubblico si iniziò a diffondere presso la borghesia l’uso di mangiare informale e all’aria aperta.
Nei secoli successivi questo rituale alimentare si diffuse, e anche la pittura impressionista lo immortalò. Il “déjeunerm sur l’herbe” ottocentesco venne rappresentato non in riferimento all’attività venatoria, ma quale sofisticato diversivo urbano, abitudine di gentiluomini, artisti e intellettuali desiderosi di evadere dal caotico ambiente cittadino.

Il ricco picnic, fatto di pietanze elaborate, nacque però in Inghilterra in età vittoriana. Sempre in quel periodo dell’800 si affermò pure il modo di dire “fare un picnic” riferendosi a un pasto consumato in allegria sui prati, su una spiaggia o sulle rive di un fiume, in un clima rilassato nel quale il cibo e l’aria aperta favorivano la socialità. Oggi si identifica la parola picnic con “la gita fuori porta” organizzata fra amici o parenti.

Per ogni popolazione il mangiare all’aperto ha un significato diverso. In G.B. e USA è sinonimo di picnic in campagna o in riva al mare, in cui si mangiano uova sode, sandwich e pollo. Per i giapponesi è l’occasione per celebrare l’hanami, ossia la fioritura dei ciliegi. Fra i cibi tradizionali dell’hanami vi sono carote tagliate a forma di petali di ciliegio, polpette di riso, e dolcetti di riso rosa ripieni di pasta di fagioli rossi.

La pasquetta, detta Lunedì dell’Angelo, è sinonimo di picnic sull’erba e scampagnata all’aperto.  E’ una festività non di precetto per i cristiani, ma un giorno di riposo lavorativo introdotto nel dopoguerra dallo Stato italiano per allungare la festa di Pasqua.
Per una interpretazione religiosa legata allo spirito pasquale, la giornata fuori porta nascerebbe anche per rievocare il viaggio dei due discepoli di Cristo diretti a Emmaus, a circa undici chilometri da Gerusalemme, durante il quale il messia risorto apparve loro.
Differenti sono le tradizioni di festa sviluppatesi nelle diverse realtà regionali. Dalle sagre alle benedizioni di mezzi meccanici, dalle iniziative artistiche alle gare di mangiatori di cibo.
Ispirate all’antica tradizione contadina sono le feste con le uova sode. Ad esempio a Fiorenzuola d’Arda (PC) viene fatto un gioco di abilità in cui i due contendenti devono tentare di rompere l’uovo dell’avversario colpendolo con la punta del proprio, che invece deve restare intatto. A Ferentillo (TR) lo stesso gioco si chiama “Lu ciuccittu”, e nasce dalla vecchia tradizione contadina della raccolta delle uova per preparare le tradizionali focacce di Pasqua.
Per rendere speciale la scampagnata con la famiglia o in compagnia di amici, il segreto è il menu: colorato, gustoso, ricco e leggero, dove ingrediente essenziale sono le uova. Piatti freddi, frittatine, tortini, insalate, salumi e formaggi sono le vivande con cui riempire il cestino di vimini. Non devono mancare un buon vino e un dolce tradizionale.

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