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Carnevale: etimologia, storia e tradizioni gastronomiche.

L’etimologia della parola “carnevale” secondo alcuni deriverebbe da “currus navalis” che indicava i carri su cui si sfilava nelle parate antico romane durante la festa. Per altri deriva da  “carmen levare” ovvero intonare un canto, il modo più popolare di fare festa. Per altri ancora, il nome proverrebbe da “carnem levare”, letteralmente “levare la carne”, giocando sul rovesciamento dei ruoli tipico del carnevale, con il quale si avvertiva il popolo che alla fine della feste sarebbe cominciato un periodo di digiuno, ossia la Quaresima.
Il Carnevale è nato come festa contadina volta a celebrare la fine dell’inverno e l’avvicinarsi della primavera ma con il Cristianesimo questo ha preso un significato diverso. Le sue origini sembra risalgono al periodo greco-romano durante il quale si tenevano cerimonie pagane in onore del Dio Saturno, per propiziare l’inizio dell’anno agricolo. Durante questi festeggiamenti si capovolgevano i rapporti gerarchici consentendo uno scambio di ruoli tra plebei e nobili tramite l’uso di maschere, e ci si dava al godimento sfrenato tramite cibo, bevande e piaceri sensoriali.  Il Carnevale, quindi,  era una festa che il popolo offriva a se stesso, dove il mondo si rovesciava, si sbeffeggiavano le autorità, e il servo diventava padrone e il padrone servo. I giorni del Carnevale venivano associati a concessioni, divertimento, baldoria, sovvertimento delle regole sociali e soprattutto dissolutezza. In un contesto simile, dunque, è chiaro che gli scherzi non facevano altro che rendere l’atmosfera ancora più giocosa ed esilarante, per cui il detto “a Carnevale ogni scherzo vale” è un modo di dire legato alla nota ricorrenza e fa riferimento al fatto che in questo periodo dell’anno gli scherzi devono essere accettati di buon grado.  Nel IX e X secolo, questi giorni di festa erano detti anche “giorni dei folli”. Esiodo ricordava che nelle “Saturnalie”: “gli uomini vivevano come dei, avevano il cuore tranquillo ed erano liberi da fatiche e sventure”. Il travestimento e l’uso della maschera sembra vennero introdotti per evitare di riconoscere i protagonisti dei tanti eccessi. Con l’ascesa del potere della Chiesa Cattolica, divenne sempre più importante la funzione purificatrice e propiziatoria che venne attribuita a questo momento del calendario che coincideva con l’inizio del nuovo ciclo agrario. La storia del Carnevale, però,  dà tutt’altro significato a questa festività rispetto a quello religioso. In sostanza era un modo per salutare l’inverno dando il benvenuto alla stagione primaverile portatrice di fertilità e fecondità. Infatti, nel Medioevo i festeggiamenti del Carnevale erano molto simili alle Saturnalie con la differenza che il culmine di questi era il processo di un fantoccio la cui morte, rappresentava il capro espiatorio dei mali dell’anno passato e un buon augurio per il nuovo. Questi festeggiamanenti sregolati e lussuriosi del Medioevo furono presto ridimensionati in quanto non visti di buon occhio dalla Chiesa.
E così il carnevale iniziò ad esser rappresentato da compagnie di attori in maschera che nel ‘500 si esibivano nelle corti dei nobili. Era questo un modo per trasgredire in piena libertà sovvertendo le gerarchie sociali e mantenendo l’anonimato. Nel teatro greco e in quello romano la maschera veniva usata dagli attori per sottolineare i tratti del personaggio che interpretavano. Difatti sia gli antichi greci durante i riti dionisiaci che i romani durante i saturnali avevano l’abitudine di mascherarsi per nascondere la propria identità. Alcune popolazioni arcaiche, invece, si servivano delle maschere per entrare in contatto con le energie della natura durante le cerimonie spirituali: in cambio di raccolti abbondati gli spiriti gli concedevano l’opportunità di divertirsi e fare baldoria.
La parola maschera deriva dall’arabo “Mascarà”, che significa: scherno, satira. Nel XVI secolo si afferma in Italia la “Commedia dell’arte” e, uno dei temi ricorrenti, era la beffa del servo che riusciva ad avere la sua rivincita verso il potente. È in questo quadro che sui palcoscenici di Venezia nasce il personaggio di Zanni (il servo zotico) che poi subirà diverse metamorfosi fino a diventare rappresentativo della figura del servo attraverso maschere della nostra tradizione come Arlecchino e Pulcinella. Secondo la storia del Carnevale, le maschere rappresentano i vizi e le virtù degli uomini e questo è intuibile anche analizzando le caratteristiche delle maschere italiane più famose d’Italia.

Arlecchino: questa maschera ha origine a Bergamo e rappresenta la figura del servo sciocco ma dotato di buon senso, ma sempre pieno di debiti. Rappresenta un servo bergamasco lazzarone e furbo che è capace di adattarsi a ogni situazione e che servirebbe chiunque per avere dei propri vantaggi.
Pulcinella: anche questa maschera, che nasce a Napoli, rappresenta la figura del servo. Ha la gobba il naso adunco e indossa una camicione e un cappello bianco. Rappresenta la plebe napoletana che si ribella alla classe medio-alta borghese, simboleggiando la rivincita del popolo sui potenti. E’ la personificazione dell’indole impertinente, pazzerella e “pigra” Napoletana.
Balanzone: maschera tipica bolognese, è un dottore burbero e chiacchierone che si fa credere sapiente ma che prova sempre a truffare chi gli capita a tiro. Rappresenta la presa in giro di quelli che non fanno altro che vantarsi del proprio sapere ogni volte che si presenta l’occasione.
Colombina: serva chiacchierona e furba della tradizione veneziana, affezionata alla sua padrona Rosaura per la quale farebbe di tutto pur di renderla felice. Indossa un abito semplice con delle balze, un grembiule mal ridotto e una cuffietta bianca.
Brighella: altra maschera di Bergamo è un servo furbo a cui piace litigare con le persone e attaccar briga (da qui il suo nome). Porta pantaloni e giacca bianchi con disegni verdi, un cappello da cuoco e una maschera nera.
Pantalone: è la maschera che rappresenta un mercante vecchio e brontolone, tipico della tradizione veneziana. È un avaro e lussurioso veneziano dedito solo al denaro e al commercio. Le uniche che riescono a tenergli testa sono la moglie e le figlie.

Si dice che alcune di queste maschere abbiano origine e valenza demoniaca rappresentata ad esempio dalla maschera nera sul volto di Arlecchino e ancora quella bianca e nera di Pulcinella.

Al giorno d’oggi il Carnevale viene festeggiato in varie parti del mondo ma non sempre le date d’inizio e  fine dei festeggiamenti sono uguali in tutte le culture. I festeggiamenti di solito si svolgono attraverso sfilate di carri allegorici, feste in maschera, antichi riti propiziatori e Pantomime storiche.

Tra i carnevali più famosi nel mondo non si può non ricordare il Carnevale di Rio de Janeiro: per il Sud America il Carnevale ha sempre rappresentato un avvenimento importante soprattutto per le classi più povere. A Rio il Carnevale comincia il sabato grasso e dura per quattro giorni senza mai fermarsi, tra carri allegorici, balli e canti. La domenica grassa, i carri sfilano per la città e le persone si travestono e ballano al ritmo della “batucada”, ballo da cui nasce la “samba de roda” con movimenti del bacino e passi rapidi avanti e indietro dei ballerini. Ci sono scuole di danza che si preparano tutto l’anno per l’evento e alla fine una giuria vota le singole scuole in base al tema scelto, alla bravura dei ballerini, ai costumi e ai carri. Una curiosità di questo Carnevale è che ogni anno, durante questa festa sfilano i “blocos”, gruppi di persone con magliette e costumi a tema che animano le vie della città per tutta la durata della festa. In Francia, invece, è famoso il Carnevale di Nizza, dove si svolgono, oltre alle tradizionali sfilate di carri, anche le “battaglie di fiori”, che sono protagoniste assolute di questo Carnevale francese. Una curiosità sul Carnevale di Nizza: durante i festeggiamenti vengono accese più di 12.000 lampadine di 15 watt per illuminare tutta la città. In Germania è famoso il Carnevale di Colonia che inizia l’11 novembre alle 11:11, quando vengono nominati i protagonisti di questa festa: il Principe, il Fante e la Vergine che scenderanno in piazza solo il giovedì grasso per sfilare tra il pubblico e dare il via ai festeggiamenti e alle celebrazioni. La cosa particolare è che, questa giornata, è interamente dedicata alle donne che prendono il comando nelle case, negli uffici e nei negozi e tutto è loro concesso nei confronti dell’uomo.

L’Italia in un certo senso continua a fare la storia del Carnevale in quanto vanta la presenza di alcuni dei Carnevali più belli e famosi al mondo: il carnevale di Venezia, il carnevale di Viareggio, di Putignano, di Cento, e il Carnevale di Foiano.  Vanno menzionati anche il carnevale di Putignano e quello di Foiano.

L’Italia vanta la presenza di alcuni dei Carnevali più belli e famosi al mondo, come il Carnevale di Venezia dove migliaia di persone ogni anno invadono le calli e Piazza San Marco in una dimensione unica che solo Venezia può offrire; il Carnevale di Viareggio famoso per la sfilata dei carri con personaggi di carta pesta che rappresentano soprattutto personalità della politica, accompagnati da gruppi in maschera che sfilano per tutta la città; quello di Cento nato nel XVII secolo ma che ha acquisito importanza, anche a livello europeo, dopo il gemellaggio con il Carnevale di Rio de Janeiro avvenuto nel 1990;  il Carnevale di Ivrea che trae origine dalla ribellione ad un malvagio tiranno da parte di una giocane donna, seguita poi da tutta la popolazione.   Da questo episodio nasce la famosa battaglia delle arance grazie alla quale, ogni anno, si rivive quella rivolta. Di rilievo anche il carnevale di Putignano e quello di Foiano.

Durante le celebrazioni si effettuavano anche recite allegoriche, come testimoniano scritti dal Medioevo al ‘700, nelle quali il Carnevale in forma di fantoccio o animale veniva processato e poi condannato, prima di morire, a redigere un testamento dove il cibo era il protagonista principale. In molte regioni italiane ancora oggi si celebra il “Processo a Carnevale” al quale si dà la colpa di tutti i mali del vecchio anno. La condanna a morte, per impiccagione o decapitazione o la messa al rogo, e la lettura del testamento sono i momenti clou del dramma e dei festeggiamenti.

Va sottolineato che il carnevale è festa tipicamente italiana, tanto che la nostra parola si è fatta internazionale ed è passata nel francese carnaval, nello spagnolo carnaval, nell’inglese carnival, nel tedesco Karneval e in moltisime altre lingue.

Proprio perché il Carnevale precede il periodo di astinenza e digiuno della Quaresima, buona parte degli eccessi riguardano il campo alimentare. In ogni carnevale erano tradizionali i carri trionfali dell’Abbondanza che portavano figure simboliche cariche di cibi a mò di ornamenti. La sua coincidenza con il rito contadino della macellazione del maiale, lo sposavano al trionfo delle ghiottonerie suine d’ogni genere. Il martedì grasso è l’apoteosi della sregolatezza e sfrenatezza della convivialità festaiola. Per esempio, venivano lanciati pezzi di maiale alla folla festante sia nella “Festa della porchetta” (carnevale di Bologna del 1279 ), che nella “Cuccagna del porco” (fino al ‘500, periodo di nascita del carnevale romano), dove dalle finestre delle case dei Colonna arrivavano pezzi di cibo sul popolo.

Carnevale è la festa più colorata dell’anno e come per ogni festa tipica, ogni regione italiana vanta le sue ricette gastronomiche tipiche. Ogni città ha le sue tradizioni per celebrare con abbondanza e golosità questi giorni di festa. Lasagne, chiacchiere, castagnole, dolci fritti e sanguinaccio, sono solo alcune delle gustosità che si mangiano a Carnevale, per fare “il pieno” di calorie prima dell’arrivo del digiuno.

Oggi una delle usanze gastronomiche di Carnevale, ancora viva in quasi tutte le regioni italiane, è la preparazione di dolci molto semplici di pasta fritta. Guarniti di miele o di zucchero a velo, assumono nomi diversi nelle varie aree: Tortelli o Chiacchiere (Lombardia), Cicerchiata (Puglia e Calabria), Zeppole (Veneto), Pignoccata (Sicilia), ecc.

Chiacchiere, dolce carnevalesco più diffuso in Italia, sono il dolce simbolo del Carnevale e diffuso in tutta Italia è la pasta tagliata a nastri e fritta. La ricetta rimane invariata in tutte le regioni ed è solo il nome che cambia: in Sicilia, Piemonte, Lombardia e Campania vengono chiamate “chiacchiere”; in Liguria sono le “bugie”; “cenci” in Toscana; “fiocchetti” in Romagna e “frappe” nel Lazio. A seconda del luogo di produzione verranno aromatizzate con Marsala, acquavite, acqua di fiori d’arancio e ricoperte di zucchero a velo o di miele, cioccolato e mascarpone zuccherato.

Sanguinaccio è il dolce di Carnevale più mangiato al sud. Tipico della tradizione meridionale è una crema dolce a base di cioccolato fondente da mangiare accanto alle chiacchiere. Del sanguinaccio esistono due versioni, quella moderna, in cui si utilizza semplicemente la cioccolata e quella classica, in cui si usa il sangue del maiale. Si dice che del maiale “non si butta via niente” e tradizionalmente l’animale è sempre stato ucciso nel mese di Febbraio e per questo utilizzato a Carnevale. Il sangue, per le sue proprietà nutritive, veniva utilizzato proprio nella preparazione del sanguinaccio in occasione del Carnevale. Oggi, questa ricetta è diffusa solo in campagna, dove sono ancora molti che continuano a seguire la tradizione.

Cicerchiata, dolce tradizionale del centro centro Italia: Abruzzo, Umbria, Marche, Lazio. Si tratta di palline fritte, che vengono ricoperte con il miele, molto simili agli struffoli napoletani. La differenza sta nel modo in cui vengono disposti sul piatto. La cicerchiata ha infatti la forma di corona o di “pupatta”. Il suo nome infatti letteralmente significa “mucchio di cicerchie”. La ricetta non ha nulla a che vedere con i ceci, se non per la forma a palline gialle. La particolarità di questo dolce sta nel fatto che tradizionalmente le palline devono essere fritte nello strutto. Anticamente infatti non esistevano i frigoriferi e dunque lo strutto doveva essere consumato durante la settimana grassa poiché altrimenti sarebbe andato a male.

Castagnole, tortelli, schicciata, fritole dolci tradozionali del nord Italia. In Friuli potremmo gustare le castagnole, cioè delle palline fritte e ricoperte di zucchero, ideali per i bambini. In Emilia e in Lombardia questi stessi dolci vengono chiamati tortelli o ravioli dolci e vengono riempiti con marmellata, frutta secca o ricotta. A Firenze viene preparata invece la schiacciata, una torta senza burro molto leggera, da servire con crema chantilly. Infine, il Veneto è conosciuto per le sue fritole, cioè delle frittelle ripiene di uvetta e pinoli, che anticamente erano una specialità esclusivamente veneziana, ma che poi si sono diffuse in tutta la regione in diverse varianti.

I dolci di Carnevale sono i veri protagonisti di questa festa, tuttavia ci sono anche gustosi primi piatti da non perdere assolutamente
Tra i primi piatti per Carnevale l’immancabile è senza dubbio la lasagna, tipica della Campania, fatta di sfoglie di pasta all’uovo e farcita con ricotta, carne, mozzarella e ragù.
In Irpinia troviamo la frittata di bucatini, e in Liguria i gustosi ravioli di carne alla genovese. A Verona invece un piatto tipico della tradizione di Carnevale sono gli gnocchi legati alla tradizionale Maschera del posto “Papà del Gnoco” caratterizzata appunto da uno scettro a forma di forchetta, nel quale è infilzato uno gnocco.

 

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