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Peperoni cruschi: storia, produzione, conservazione, impiego.

Il peperone crusco è un prodotto tipico di molte zone della Basilicata. L’appellativo “crusco” è dato dalla croccantezza inconfondibile che questi peperoni assumono quando sono poi fritti dopo la fase di essiccatura. Il peperone giunse in Italia dopo la scoperta delle Americhe, nello specifico intorno al XVI secolo. Al tempo l’attuale Basilicata faceva parte del Regno di Napoli, e furono gli Aragonesi a importare questa prelibatezza dalle colonie spagnole nelle Antille. Non è dato però sapere perché questa tipologia di peperoni e il tipo di conservazione non si diffuse in altre zone del Regno di Napoli. Forse l’umidità dell’aria delle altre aree, con l’eccezione della Basilicata, impediva la corretta conservazione dell’alimento. Oppure i discendenti degli osci riuscirono a utilizzare al meglio un ingrediente che potevano coltivare in abbondanza in gran parte dell’anno. Ma si tratta solo di ipotesi più o meno plausibili. L’unica certezza, quando si parla del peperone crusco, è che si sta parlando di una bontà autentica, sana, naturale, che la mano dell’uomo è riuscita a trattare al meglio. I contadini lucani hanno selezionato nel tempo una varietà che oggi primeggia nei mercati, grazie ad una coltura passata da autoconsumo a specializzata e quindi capace di garantire un reddito.

La varietà di pregio è il peperone di Senise IGP coltivato nel comune di Senise e nelle aree limitrofe che si affacciano sulla valle del Sinni e sull’Agri.  Si distingue dal generico crusco, coltivato in altre zone della Basilicata, per il processo di conservazione.

Il Peperone di Senise IGP presenta una forma appuntita, ad uncino o a tronco, a seconda del tipo. Di colore verde, rosso porpora, si caratterizza per le piccole dimensioni e la polpa sottile (da 1,5 a 2,2 mm). Il peduncolo è ben saldato alla bacca, tale da non staccarsi nemmeno ad essiccazione avvenuta. Il prodotto secco si deve presentare in collane o serte di lunghezza variabile da 1,5 a 2 m. Il sapore è dolce. Viene commercializzato fresco, secco ed in polvere.
La semina del peperone di Senise comincia a primavera. Mentre il raccolto intorno al 10 agosto. Dopo la raccolta i peperoni saranno conservati in teli o reti che vengono stoccate in luoghi bui e asciutti per garantire la corretta conservazione. Una volta trascorsi questi 3 giorni si comincia con la produzione delle serte. Le serte sono delle trecce, di solito della lunghezza di un paio di metri, confezionate con ago e filo. Queste serte sono poi appese per la fase di essiccazione che dura fino a quando la percentuale di acqua rimasta nel peperone di Senise arriva intorno al 10%. La lavorazione artigianale del peperone di Senise prevede che l’essiccazione venga fatta secondo metodi locali naturali per mezzo di esposizione indiretta ai raggi solari in lunghi serti appesi in siti soleggiati ed aereati. Un’ultimo passaggio rapidissimo nel forno, come da disciplinare IGP,  elimina ogni residuo di umidità ed agevola la eventuale successiva molitura per ottenere la famosa polvere. Vengono conservati in barattoli di vetro o sacchetti di carta. Possono anche essere conservati appesi in cucina, cantina o altro luogo purchè fresco, asciutto e dotato di un buon ricircolo d’aria.

I peperoni cruschi, grazie alla conservazione, si trovano in molti piatti tipici lucani, dalla pasta alle pietanze a base di carne. Danno ai piatti  un colore suggestivo, oltre che un sapore unico, in particolare per quanto riguarda la cottura in umido.  Una volta che il peperone crusco sarà pronto, dovrà essere fritto nell’olio bollente. L’olio così caldo farà gonfiare il peperone che manterrà tutta la sua croccantezza. Il peperone crusco fritto poi dovrà essere scolato su carta assorbente dall’eccesso di olio e poi spezzato a metà per sentire il suo suono inconfondibile. I peperoni cruschi accompagnano formaggi e verdure fresche, come fave o insalate. Sono ottimi se spezzettati nelle farciture, perfetti anche da unire alla carne di vitello macinata per gli hamburger o come condimento per la pasta, per esempio un buon piatto di orecchiette.

L’uso della polvere ottenuta da questi peperoni esalta la preparazione di molti salumi lucani, ai quali conferisce gusto, colore e un’ottima stagionatura.

 

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