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Sartù di riso: storia e ricetta.

La risocoltura italiana è la più importante d’Europa. Tra i paesi membri dell’unione solo 7 coltivano riso, e l’Italia offre il 55% ca. dell’area coltivata. La pianta è particolarmente diffusa in Piemonte e Lombardia (85-90%) con aree di coltivazione più contenute in Emilia, Veneto, Toscana e Sardegna.

Oggi i consumi di riso nell’area europea e mediterranea sono distinti in due categorie: quella dei risi del tipo japonica e quella del tipo indica. Dietro a queste distinzioni si celano differenti modi di utilizzare il riso.
I paesi europei mediterranei utilizzano prevalentemente i risi di tipo japonica (involucro proteico esterno non molto compatto e vetroso, che cede facilmente amido). Si tratta per la maggior parte di granelli di forma allungata, ma a chicco largo e comprendono tutte le varietà da risotto o da paella. Sono di questa tipologia anche i granelli più piccoli usati per i dolci o per le preparazioni gastronomiche particolari, dagli arancini siciliani ai prodotti soffiati per la prima colazione. Questi risi vanno a connotare un consumo dove il primo piatto o il piatto unico rivestono un ruolo importante nelle abitudini alimentari.
Caratteristiche dei risi del tipo indica sono invece la pasta più dura e l’involucro vetroso, che restano sgranati anche dopo lunghe cotture perché rilasciano meno amido. Di forma allungata e affusolata, vengono consumati in moltissimi paesi del centro Europa  e dell’area mediterranea sud, dove diventano contorno alle portate, in totale o parziale sostituzione del pane. Per la forma del granello, assomigliano ai risi di produzione asiatica.

In Italia ci sono tantissime specie iscritte al registro nazionale, circa 120, anche se in realtà l’80% della ns. produzione è ad appannaggio di una dozzina di varietà. Con il riso si possono realizzare un numero incredibile di piatti diversi, dall’antipasto al dolce. La riuscita della ricetta prescelta e’ comunque condizionata dalla scelta della varieta’ di riso piu’ indicata. Bisogna tener conto delle rispettive caratteristiche dei tipi di riso che riguardano esclusivamente le dimensioni dei chicchi e le modalita’ di cottura. Le varieta’ italiane di riso sono divise in quattro tipi:
Comuni con chicchi piccoli e tondi, adatti per minestre, minestroni e dolci e cuociono in 12-13 minuti. Le varieta’ piu’ note sono l’Originario e il Balilla;
Semifini con chicchi tondeggianti di media lunghezza, adatti per antipasti, risi in bianco, suppli’, timballi, sartu’, cuociono in 13-15 minuti. Le varieta’ piu’ note sono Rosa Marchetti, Padano, Vialone nano, Italico R.;
Fini con chicchi lunghi e affusolati, adatti specialmente a risotti e contorni, cuociono in 14-16 minuti. Le principali varieta’ sono R.B., S. Andrea, Europa;
Superfini con chicchi grossi e molto lunghi, particolarmente adatti alla preparazione di risotti e contorni. Cuociono in 16-18 minuti. Le principali varieta’ sono Roma, Carnaroli e Baldo.

Un tempo la risicoltura era fiorente anche in Campania. Ad esempio la coltivazione del riso era praticata, almeno fino a metà XX secolo, nella zona, ancor oggi denominata Terre delle Risaie, compresa tra Salerno e Pontecagnano.

Il riso è un ingrediente della cucina tipica napoletana. Tra questi uno dei piatti più elaborati e gustosi è certamente il sartù di riso,  un timballo di riso ripieno di piselli, uova sode, provola o fior di latte, funghi, polpettine di carne e salsicce.

La parola “sartù” deriva da una storpiatura ad opera del dialetto napoletano del termine “sor tout” (letteralmente “copri tutto”) che sta ad indicare uno speciale “soprabito o mantello”: in questo caso si riferisce al pangrattato che, come un mantello, appunto, ricopre il timballo di riso. Le sue origini risalgono al 1700, precisamente al periodo in cui a Napoli regnava Ferdinando I di Borbone, re delle Due Sicilie, detto anche il re Lazzarone. Il riso arrivò per la prima volta nella città partenopea alla fine del XIV secolo, dalla Spagna, nelle stive delle navi degli Aragonesi. Ma purtroppo non ebbe molto successo. A corte veniva definito “sciacquapanza”, cioè cibo povero, poco gustoso. Veniva utilizzato soprattutto come medicamento: i medici salernitani lo prescrivevano in bianco in caso di malattie intestinali o gastriche (in quel periodo c’erano epidemie, quali il colera). Così dal Sud fu importato al Nord Italia, dove iniziò ad essere coltivato.

Quando Ferdinando I sposò Maria Carolina d’Austria, per volontà della regina, che non amava la cucina partenopea, arrivarono a corte i più raffinati cuochi francesi: i Monsù (dal francese “Monsieur“), chiamati a Napoli “Morzù”. Questi cuochi, consapevoli del fatto che i napoletani avessero una vera e propria avversione per il riso, decisero di renderlo più gustoso, aggiungendo ’a pummarola, piselli, uova sode, fior di latte, polpettine e salsicce: tutti ingredienti che venivano poi sistemati all’interno di un timballo di riso ricoperto da un mantello di pangrattato. Si trattava di un vero e proprio camuffamento vero e proprio per confondere il sapore del riso. Il piatto fu molto gradito dal re Ferdinando I, dai nobili e dai poveri divenendo ben presto uno dei piatti più amati dai napoletani.

Tra le tracce storiche più importanti troviamo ben otto varianti del sartù che contempla anche timaballi di pasta o di verdure.  Dalla metà del XIX secolo la ricetta che prevalse sulle altre varianti è quella descitta dal celebre Ippolito Calvalcanti:”prendi libbre quattro di ottimo riso, lo vedrai minutamente, lo laverari, l’asciugherai, e lo lesserai con once quattro di sugna; dipoi fuori dalla fornella ci porrai once otto di parmigiano grattugiato e provola o caciocavallo, e poscia ci unirai un battuto di numero otto ovi, del sale, del pepe, e rivolterai benissimo; porrai per poco la casseruola sulla fornella perchè gli ovi entrino in cottura: porrai il riso in un piatto grande per farlo raffreddare, farai un raguncino di interiori di polli, pochi piselli e funghi; vernicerai una casseruola con sugna, e la ingrasserai di pan-gratto; ci porrai metà del riso facendoci un concavo, dentro al quale porrai il raguncino tiepidissimo, non mai bollente, con poca lega fior di farina e delle fettoline di mozzarella, riempirai la casseruola con l’altro riso, e cercherai, che tutto s’incassi; farai cuocere il sortù sopra della fornella roventata con bordo di carboni attorno […] farai incrostare il sortù, lo farai per poco rassettare dopo cotto, e poi lo rivolterai nel piatto proprio.

Nella contemporaneità il sartù rappresenta ancora un gastrotipo cui nessun ricettario può rinunciare. Le varianti di riso sono numerose, ve ne sono versioni “in bianco”, al ragù di carne, di pesce, sartoncini al pomodoro e con piselli e funghi. Purtroppo la preparazione piuttosto elaborata ne fa un piatto desueto e poco adatto alla ristorazione. L’alta ristorazione, sull’onda della riscoperta del tipico e del territoriale, lo inserisce nei menù come ricerca filologica.

Ecco di seguito la ricetta tradizionale del sartù di riso napoletano:

INGREDIENTI:  500 g di riso,150 g di fior di latte o mozzarella,  200 g di piselli, 2 uova sode, 125 g di uova, Sale q.b.

Ingredienti per il ragù napoletano:  320 g di costine di maiale,, 700 g di biancostato di manzo, 340 g di salsiccia, 300 g di cipolle dorate, 60 g di olio extravergine di oliva, 700 g di passata di pomodoro,  70 g di vino rosso, 300 g di acqua

Ingredienti per le polpettine: 200 g di manzo macinato, 30 g di parmigiano grattugiato, 1 cucchiaino di prezzemolo tritato, 75 g di pane (mollica rafferma), sale fino q.b., olio di semi di arachide q.b., 1 uovo, pepe nero q.b.

Ingredienti per guarnire: pangrattato q.b., burro q.b

PROCEDIMENTO: 

Per preparare il ragù alla napoletana: In un tegame far soffriggere a fiamma bassa una cipolla tritata insieme a tutti i pezzi di carne per qualche minuto sfumando con il vino. Quando l’alcol è evaporato completamente versare la passata di pomodoro, l’acqua e un pizzico di sale; lasciare cuocere a fuoco basso per almeno 4 ore, aggiungendo acqua quando necessario. A fine cottura mettere da parte i pezzi di carne.

Per la preparazione delle polpettine: lasciare in ammollo la mollica del pane in acqua fredda per una decina di minuti; versare in un recipiente la carne macinata insieme all’uovo leggermente battuto, al parmigiano e alla mollica ben strizzata. Aggiungere sale, pepe e il prezzemolo tritato. Impastare fino ad ottenere un composto omogeneo; prendere circa 4 g di impasto e modellare con le mani per ottenere delle piccole sfere. Scaldare dell’olio in padella, cuocere le polpettine per circa 3 minuti; una volta pronte scolare su carta assorbente.

Per comporre il Sartù di riso: immergere le uova in acqua fredda e mettere la pentola sul fuoco. Cuocere le uova per 9 minuti dal momento del bollore. Scolare, passare sotto l’acqua calda, sbucciare le uova e affettarle sottilmente con il coltello. Riprendere il ragù alla napoletana ponendo nuovamente la pentola sulla fiamma. Aggiungere 200 g di acqua e cuocere il riso a fuoco medio-basso: il riso dovrà completamente assorbire il ragù. Lasciare intiepidire il riso in un recipiente; battere le uova in un recipiente insieme a sale, pepe e formaggio grattugiato; mescolare il tutto, versare sul riso e continuare a mescolare. Imburrare uno stampo da 20 cm di diametro e 12 cm di altezza, e passare il pangrattato. Versare un pò del composto e schiacciare con il dorso di un cucchiaio così da creare un rivestimento di circa 1 cm di spessore. Tagliare a rondelle le salsicce e ridurreil fior di latte a cubetti. Nel centro del sartù adagiare un primo strato di uova e di mozzarella, aggiungere i piselli, le polpettine e le salsicce, e continuare così aggiungendo altri strati mozzarella, piselli e polpettine. Rivestire l’ultimo strato con uova a fettine e il restante riso tenuto da parte. Coprire il tutto con del pangrattato e fiocchetti di burro. Cuocere il sartù in forno caldo preriscaldato a 180 gradi per 1 ora. Lasciare raffreddare per una decina di minuti, sfornare e servire nei piatti…
Buon appetito!

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